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Double Blind

ENG-ITA


Double Blind, 2022. Photographic elaboration from artificial neural network. Lightjet print on Kodak metallic paper mounted on Dibond and acrylic glass, framed in black oak. 49 photos. Variable dimensions*.

Double Blind is a photographic series in which I use an ANN (artificial neural network) to re-produce images extracted from the memories of former Italian immigrants, trying to bridge the gap between mental and algorithmic image production, while investigating the limits and fallibility of both human memory and technical reproducibility.

Every time we think about something our brain produces a kind of mental representation. Current research describes this production of mental representations as akin to digital renderings and data elaborations, since all these processes elaborate information and dynamically produce images. Double Blind investigates the complex relationship between imaging and imagination by mirroring as much as possible, from a technical, conceptual and methodological standpoint, the way in which our mental images are produced.

The first phase of the project was the creation of an archive of memories from the inhabitants of the small town of S. Maria di Leuca in Southern Italy. In the last fifty years a large number of people left Leuca and moved abroad in search of better opportunities and yet, after several decades, they moved back to Italy, as part of a second, inverse, immigration wave. I interviewed these people, asking about where they had lived abroad and collecting a vast number of cartographic, topographic and personal information. Then, I used an ANN, (a computational model that simulates the functioning of a human neural net) to give form to the collected memories. Every photo has been produced at the maximum resolution supported by the ANN (around 500 megapixels) and its aesthetic and size is determined by this technical process. Furthermore, every photo presents different kinds of distortions and blind spots, corresponding to gaps or errors in the collected memories. What is difficult to say, however, is if these blind spots are due to errors of the human brain or of the artificial neural network. The boundary between the two is increasingly more blurred.



CRITICAL TEXT BY CARLO SALA (ita)

«Per ricordare occorre immaginare» Georges Didi-Huberman

Il concetto di memoria è intrinsecamente legato al mezzo fotografico e più in generale alle varie forme di riproduzione del reale seguendo una serie di evoluzioni tecnologiche che dal diciannovesimo secolo hanno condotto all’iconosfera odierna. La fotografia nei suoi albori ha cercato alacremente di essere uno specchio dotato di memoria, come recitava una delle sue prime definizioni ottocentesche che denotava una fede incrollabile sulla sua capacità di oggettivare la rappresentazione del mondo. Le riflessioni sulla memoria e la messa in crisi dell’oggettività sono due dei temi cardine della ricerca di Emilio Vavarella (Monfalcone, 1989) indagati a partire da lavori come l’opera interattiva MNEMOGRAFO (2016) e MEMORYSCAPES (2013-2016). In quest’ultimo, si condensa il tentativo di alcune persone residenti a New York di ricostruire, attraverso i loro ricordi, la morfologia urbana della città di Venezia dove avevano precedentemente vissuto. La formalizzazione visiva dell’opera, che include ologrammi e tracce sonore, è profondamente condizionata dal fatto che tali testimonianze presentano numerosi elementi discordanti tra loro che vanno dall’altezza del campanile della Basilica di San Marco alle dimensioni dei vari palazzi, fino alla collocazione delle finestre negli edifici. Questa ricerca legata al rapporto tra memoria e tecnologia ha poi portato Vavarella alla realizzazione dell’opera in mixed-reality MNEMOSCOPIO (2020). Questo lavoro è, sotto vari aspetti, il prodromo della serie Double Blind (2020) realizzata da Vavarella a Gagliano del Capo in Puglia raccogliendo le storie di persone che sono immigrate all’estero per motivi lavorativi e poi ritornate nelle terre d’origine. L’artista ha utilizzato i ricordi legati ad alcune città – da Ginevra a Costanza, da Parigi a Monaco – che in molti casi hanno rivelato dei contenuti fallaci. Le immagini del progetto sono delle mappe visive fondate ab origine su una serie di contraddizioni che, nel processare il magma di dati raccolti, hanno generato delle texture dove appaiono una serie di punti ciechi e indefiniti, dei veri e propri cortocircuiti dello sguardo. Ma proprio nel vedere queste incongruenze torna alla memoria la basilare lezione di Clément Chéroux quando affermava che «è nelle sue ombre (…) nei suoi accidenti e nei suoi lapsus che la fotografia si svela e meglio si lascia analizzare; scommettere insomma sull’errore fotografico come strumento cognitivo».[1] Sebbene lo studioso francese affrontasse nella sua trattazione un contesto essenzialmente analogico, nel passaggio al digitale il valore del suo assunto rimane immutato nel valutare l’errore come un’opportunità di comprensione. I lavori della serie Double Blind di Vavarella sono realizzati mediante dei processi algoritmici di rendering neuronale che incrociano aerofotogrammetrie e rilevazioni satellitari disponibili liberamente in rete.  Le opere presentano un carattere spiccatamente dicotomico perché, se nella loro globalità sono dominate da un iperrealismo dovuto all’alta risoluzione adottata, sono altresì costellate da una serie di punti sfuocati dove l’immagine diviene indefinita generando così un senso di sospensione. Tale aspetto appare come una lucida allegoria del modo di funzionare della memoria umana che porta a ricordare dei dettagli molto precisi accanto a dei vuoti improvvisi che rischiano di inficiare la ricostruzione d’insieme. Queste zone grigie dell’opera innescano una pluralità di riflessioni perché, se da un lato sono una sorta di fallimento tecnologico, dall’altro hanno uno spiccato potenziale generativo ed estetico spostando la questione sul piano dell’inconoscibilità e dell’inaspettato. Scrutando le porzioni dei lavori che risultano sfuocate e illeggibili siamo dinanzi a un senso di perturbante tecnologico che fa percepire l’immagine come familiare, e al tempo stesso alieno, dove si fondono le sensazioni di conoscenza ed estraneità. Inoltre, l’artista nel corso del suo percorso di sovente si è relazionato all’errore vedendolo come un elemento rivelatore del processo, capace di estrinsecare le dinamiche complesse di funzionamento delle tecnologie. Il modus di creazione delle immagini di questa serie è strettamente connesso alle riflessioni legate alla filosofia dei media che l’autore sta portando avanti sui media models, ovvero su come tendiamo a creare modelli epistemologici sulla base di tecnologie già conosciute e assodate. In questo caso, Vavarella ci invita a meditare su come la nostra concezione dei processi algoritmici è condizionata e viziata dal modo in cui interpretiamo il funzionamento della mente, creando talvolta delle analogie troppo lineari che tendono a smussare la complessità dei fenomeni. In questo, come in altri progetti di Emilio Vavarella, sono centrali le riflessioni sulla memoria, perché questa si pone per l’artista come il veicolo per trattare tutta una serie di questioni urgenti come l’identità, l’autorappresentazione e il complesso rapporto – dialogico e conflittuale – con le tecnologie.

[1] Clément Chéroux, L’errore fotografico. Una breve storia, 2009, Einaudi, Torino, pag. 6.


EXHIBITIONS

  • (2022) Galleria Indice. Fotografia italiana contemporanea, curated by Luca Zuccala and Andrea Tinterri, Milan, Italy

+ INFO:

  • The Double Blind series is composed of 49 photos representing the cities of Paris and Mulhouse (France); Konstanz and Munich (Germany); Swindon (UK), Brooklyn (US), Bern, Geneve and Dübendorf (Switzerland). The people who accepted to share their memories with me are: Annarita P., Antonietta C., Cosimo L., Federico C., Francesca M., Franco R., Giuliana S., Lucia F., Michele V., Paolo M., and Stefania C.
  • This work is a continuation of the research conducted for MNEMOSCOPIO, a site-specific public art installation for the territory of the Cape of Leuca produced with Ramdom.
  • Special mention at Premio Graziadei per la Fotografia, MAXXI Museum.
  • *Photos are produced in four formats: S-M-L-XL. “Small format:” 20×20/20×35 cm; “Medium format:” 50×50/50×89 cm; “Large format:” 90×90/80×142 cm; “Extra-Large format:” 120×120/100×180 cm. Each photo is an edition of 1/1.